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Truffa online: il marketplace è responsabile?

Truffa online: il marketplace è responsabile?

Una recente ordinanza del Tribunale Penale di Trani (11/01/2022) offre uno spunto di riflessione su un tema di stretta attualità nell’epoca del boom delle vendite online, ovvero se, nel caso di truffa avente a oggetto un acquisto effettuato in Internet, sussista o meno la responsabilità della piattaforma che ha ospitato la transazione.

Premessa: in cosa consiste il delitto di truffa

Il delitto di truffa è disciplinato dall’art. 640 del codice penale italiano, secondo il quale “Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032”

I requisiti per configurare tale reato sono dunque i seguenti:

  • l’impiego da parte del colpevole di artifizi, intesi come la simulazione o la dissimulazione della realtà, o raggiri, intesi come ogni macchinazione atta a far scambiare il falso con il vero, per indurre la vittima in errore;
  • un vantaggio patrimoniale per l’autore (o per un altro soggetto) e, al contempo, un danno al soggetto passivo;
  • la coscienza e volontà del colpevole di ottenere (per sé o per altri) tale profitto a danno di un’altra persona mediante l’impiego di artifizi e raggiri.

L’ordinamento prevede poi una serie di circostanze aggravanti, comuni o speciali, a seconda delle modalità con cui è avvenuta la truffa.

La vicenda: come è avvenuta la truffa onlice?

La vicenda: come è avvenuta la truffa online?

Il caso portato all’attenzione dell’Autorità Giudiziaria riguarda un annuncio, pubblicato su un famoso marketplace, riguardante l’affitto di una villetta per le vacanze: la vittima, invogliata dall’inserzione, ha corrisposta un’ingente somma per assicurarsi la locazione per il periodo desiderato, salvo scoprire solo successivamente che la casa in questione non era di proprietà dell’offerente.

La persona offesa ha sporto querela e l’autore dell’annuncio, individuato dalle Forze dell’Ordine, è stato citato a giudizio davanti al Tribunale penale per rispondere del fatto commesso.

La vittima, costituitasi parte civile con l’obiettivo di ottenere il risarcimento, ha inoltre richiesto di citare in giudizio quale “responsabile civile” (ossia, il soggetto giuridicamente chiamato a rimborsare i danni civili in luogo dell’imputato) proprio il sito che aveva favorito la transazione illecita.

La decisione: responsabilità del provider per la truffa online

Il Giudice, con il parere favorevole della Pubblica Accusa, ha autorizzato la chiamata in giudizio anche dei titolari del sito Internet, con riserva di approfondirne l’astratta responsabilità civile durante il processo, in quanto il marketplace, si configura quale hosting provider “attivo”; pertanto, deve garantire il rispetto degli obblighi di protezione e informazione tra l’utente e il provider.

Così come per la responsabilità penale del blogger per diffamazione, secondo la recente giurisprudenza, sul provider grava un obbligo giuridico di controllo ex ante delle informazioni pubblicate sullo spazio virtuale messo a disposizione, nell’ipotesi in cui egli abbia avuto un “ruolo attivo” nell’intermediazione, e dunque potrà essere chiamato a rispondere anche dei comportamenti commessi da terzi che utilizzano la piattaforma in questione.

Per “ruolo attivo”, secondo i più recenti orientamenti, si intende l’esecuzione di operazioni quali: filtro, selezione, indicizzazione, organizzazione, catalogazione, aggregazione, valutazione, uso, modifica, estrazione, promozione ecc. Diversa è invece la posizione del provider “passivo”, che si limita invece alla pubblicazione dei contenuti caricati dagli utenti e dunque va ritenuto esente da responsabilità, a condizione che provveda a rimuovere dal proprio servizio i contenuti illeciti non appena ne venga a conoscenza.

Nel caso in esame, tenuto conto dell’esponenziale aumento delle truffe online, il Tribunale ha ritenuto di valutare con più attenzione in sede dibattimentale la posizione della piattaforma, ai fini di valutare quale ruolo abbia avuto nella commissione del reato.

Il procedimento è quindi tuttora in corso, e sarà dunque interessante attenderne la conclusione per comprendere se, e in che misura, il marketplace sarà tenuto a risarcire i danni alla vittima della truffa telematica.

In ogni caso il provvedimento qui analizzato pare allinearsi alle ultime sentenze, sia nazionali sia comunitarie, che qualificano la responsabilità del provider come “responsabilità da contatto sociale qualificato”, dalla quale discendono obblighi di protezione, di informazione e di correttezza a vantaggio degli utenti virtuali

Avv. Davide Berardelli

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