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Copywriting e linguaggio inclusivo: perché è importante?

Copywriting e linguaggio inclusivo: perché è importante?

Il linguaggio inclusivo è diventato un tema molto dibattuto, soprattutto per chi fa uso di lingue, come la nostra, che presentano solamente due generi, maschile e femminile, per i quali c’è distinzione anche nelle forme plurali.
Anche il mondo della comunicazione deve mettersi in discussione.

Per prima cosa, chiariamo di cosa si sta parlando. Si definisce linguaggio inclusivo un tipo di linguaggio che riconosce, e quindi rispetta, qualsiasi identità di genere, senza utilizzare espressioni che possano escludere alcuni gruppi di persone.

Nella lingua italiana infatti molto spesso si usa il maschile quando ci si rivolge ad un pubblico variegato, questo perché il nostro linguaggio è un linguaggio binario M/F e non abbiamo, ad esempio, un genere neutro da poter utilizzare in alternativa.

Il linguaggio è tuttavia mutevole: al variare della cultura, anch’esso cambia.

Il linguaggio è infatti lo specchio della società, non solo perché definisce la realtà, ma la sintetizza, la incasella in determinate categorie e funge da filtro attraverso cui la società che ne fa uso conosce e interpreta questa realtà.

Purtroppo però, essendo di fatto uno strumento artificiale, il linguaggio ha dei limiti e se questi limiti in un primo momento non costituiscono un problema, con il progredire della società possono diventarlo, generando ostacoli e di conseguenza, anche se involontariamente, discriminazioni.

Chiariamo: il linguaggio è per definizione esclusivo. Definisce, delimita e quindi esclude. Ciò però non deve essere una scusa per non evolversi.

Se ad esempio pochi anni fa l’utilizzo del maschile come genere comune non destava particolari problemi, ora la sensibilità è cambiata. Se prima una newsletter o un articolo coniugati al maschile non suscitavano perplessità nelle lettrici, ora lo stridore balza subito all’orecchio.

Dopotutto, dare il Benvenuto! ad una lettrice suona male, no?

Cosa può significare ciò per chi si occupa di comunicazione e copywriting?

La prima regola è sempre quella di mettersi nei panni di chi legge: se il tuo copy fa storcere il naso, significa che quel copy va cambiato.

Non è una questione di scrivere politicalmente corretto. È più semplicemente (e più venalmente, se vogliamo) una questione di marketing.

Utilizzare un linguaggio che implica una distinzione binaria o realizzare creatività le cui visual rappresentano una realtà limitata e limitante, in quanto poco inclusiva, è si discriminatorio, ma in ambito marketing si traduce in poca incisività del messaggio e quindi in un insuccesso della tua comunicazione.

Conseguenza logica di tutto ciò: il linguaggio inclusivo è e sarà sempre più importante anche per strategie di comunicazione efficaci.

Perché?

Utilizzare un linguaggio inclusivo nella tua comunicazione permette di raggiungere enormi vantaggi:

  1. il tuo brand si fa portavoce di importanti valori
  2. i tuoi utenti si sentiranno più a loro agio con la tua comunicazione, sentendosi quindi più coinvolti e rispondendo quindi con maggiore interazione
  3. ciò porterà la tua community a crescere e ad essere più attiva
  4. tutto questo si tradurrà in una buona reputazione del tuo brand e successi nelle campagne di comunicazione.

Copywriting: come utilizzare un linguaggio inclusivo

Veniamo ora al punto. Tutto quanto abbiamo suggerito poco sopra, come si traduce concretamente?

I trucchi per scrivere testi inclusivi che non danno spazio a distinzioni di genere sono molteplici e ci sono diverse scuole di pensiero su quali tecniche e strategie utilizzare.

Va precisato che non esistono pratiche scorrette o corrette: come si diceva poco sopra, il linguaggio evolve e l’evoluzione passa anche attraverso la sperimentazione. Ciascuna pratica che vi presenteremo poco sotto può inoltre essere efficace per un tipo di pubblico e meno efficace per un altro.

Tutto sta quindi nel capire, per la tua strategia di comunicazione, quale potrà funzionare meglio.

Utilizzo dell’asterisco o dello schwa

Sta prendendo piede la pratica di utilizzare elementi grafici, come l’asterisco o la schwa (ə per il singolare з o per il plurale), al posto delle vocali finali di alcune parole, per neutralizzarne il genere maschile o femminile.

L’asterisco è il primo elemento comparso, ma è stato soppiantato da ə per una questione semplice: lo schwa si può pronunciare, a differenza dell’asterisco (vedi come già qui c’è stata un’evoluzione del linguaggio in tempi brevissimi?).

Tuttavia questa soluzione comporta un problemi non da poco:

  • i browser per non vedenti al momento non leggono questo termine.
  • in fase di lettura invece, lo schwa può creare seri problemi per chi soffre di dislessia.

Per utilizzare un linguaggio più inclusivo si rischia quindi di escludere un’altra grossa fetta di persone.

Infine, problema non indifferente per chi si occupa della SEO, asterisco e schwa al momento possono comportare problemi per le ricerche vocali che stanno diventando sempre più importanti.

Schwa
Schema delle vocali nell’alfabeto fonetico internazionale. Fonte: Italiano inclusivo

Le forme gender neutral

Questa soluzione è quella che personalmente preferiamo anche se di più difficile implementazione. È suggerita da Luisa Carrada nel suo articolo Ma io sono una signora!”.

Sostanzialmente, al posto di introdurre elementi grafici, si cambia totalmente la frase, rendendola impersonale o eliminando il genere.

Es: Sei pronto per iniziare la lettura?
Comincia ora la lettura!

Dove possibile, se ciò non inificia lo scorrere della lettura, è sì possibile utilizzare la doppia forma maschile e femminile dei termini (es: signore e signori), ma una formulazione in cui non emerge il genere risulta comunque più scorrevole.

Ciò richiede uno sforzo maggiore da parte del copywriter di turno, che dovrà abituare il suo stile a questa tipologia, ma con un po’ di allenamento verrà tutto più naturale.

Quali i vantaggi utilizzando questa soluzione?

  • familiarità del linguaggio, senza l’introduzione di caratteri speciali
  • lettura e comprensione più facile, senza rischiare di escludere no vedenti e chi soffre di dislessia
  • più scioltezza nella scrittura, senza dover fare uso di comandi veloci per inserire lo schwa
  • si sposa bene anche con la ricerca vocale.

Conclusione: la responsabilità di chi lavora con le parole

L’utilizzo di un linguaggio più inclusivo è ancora lontano dall’essere elemento comune, ma riteniamo che l’evoluzione e il progresso, almeno in questo caso, vadano guidati.

Chi si occupa di comunicazione fa del linguaggio la sua arma principale ed è anche grazie alla diffusione che i nostri copy hanno che questa evoluzione continua. Pensa ad esempio ad espressioni nate per campagne marketing che ora sono veri e proprio modi di dire (“L’ottimismo è il profumo della vita!“).

Chi si occupa di comunicazione deve quindi essere più di tutti sensibile a queste tematiche, soprattutto in una realtà in cui ciò che ora è trend, un domani diventerà quotidianità.

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